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lunedì 7 dicembre 2015

L’Europa dei Padri contro l’Occidente degli affaristi





di: Paolo Sizzi

Ogni anno la stessa storia: sotto il periodo natalizio arriva la polemica (ben poco seria) del mantenimento del presepe nelle scuole, al fine di non urtare la sensibilità degli allogeni non cristiani, che però non sembrano fregarsene molto della questione.

In realtà, infatti, la faccenda è meramente politica e viene strumentalizzata dai leghisti da una parte e dai laicisti in odore di tessera piddina o vendoliana dall’altra. Il copione è sempre quello: un dirigente scolastico laicista decide di abolire le festicciole natalizie tradizionali per fare il fenomeno e per tutta risposta ottiene ondate di sdegno capeggiate dal caporione legaiolo di turno, nella fattispecie oggi da Matteo Salvini, pronto a fiondarsi come un falco sulla polemica.


Sappiamo bene quanto queste cose siano ridicole, soprattutto se pensiamo alla spaventosa condizione di certi edifici scolastici pubblici che cadono a pezzi, sia sui crani dei laicisti che su quelli dei tradizionalisti arrabbiati. Ma si sa: in Italia quel che davvero conta non fa notizia ed è meglio continuare a cianciare sino all’Epifania dell’enigma presepe sì-presepe no. O per tutto l’anno di crocifisso sì-crocifisso no. Questioni davvero fondamentali, devo dire…

L’argomento è a mio giudizio inconsistente anche per una ragione identitaria: le tradizioni cristiane appartengono ad un retaggio estraneo all’Europa, pertanto sono aliene quasi come l’islam, che del cristianesimo è fratello minore; in seconda battuta, che poi in realtà sarebbe l’argomento cruciale, la vera questione riguarda la composizione etno-razziale delle nostre scuole, che mostra un’espansione a vista d’occhio degli studenti allogeni.

Che mi deve importare del presepio quando ciò che davvero preoccupa è l’aumento dei figli degli immigrati, puntualmente strumentalizzati da insegnanti figli del ’68 per mettersi in mostra e ottenere qualche candidatura tra le fila del Pd o di Sel? Io me ne frego altamente dei ninnoli del cristianesimo, che giustamente dovrebbero starsene finalmente fuori dagli edifici pubblici, quando ciò che conta davvero riguarda l’estinzione degli Italiani etnici e la perdita delle vere radici d’Europa, quelle gentili.

Presepio e crocifisso sono simboli dell’occupante straniero proveniente dal Medioriente, che nel primo caso hanno infangato il larario romano per innestarci sopra le fiabe desertiche del “messia”. Devono sparire dagli edifici pubblici e possibilmente anche dalle vite degli Europei, al fine di riscoprire (a maggior ragione se uno ci tiene tanto, alla religione) la spiritualità e i culti tradizionali genuini del nostro Continente, anche solo in senso storico e culturale. Il crocifisso poi è l’emblema della religione cristiana, l’emblema di quell’oppressione oscurantista e aliena che subiamo da 2000 anni e che tanti lutti ha cagionato tra gli indigeni europei, in nome di un dio straniero e assolutista che esiste solo nella testa dei crociati di sempre. E che d’altro canto è lo stesso dio di Ebrei e musulmani, la stessa invenzione antesignana del moloc mondialista.


E il Natale, intendiamoci, è quello del Sole Invitto, del periodo solstiziale invernale, sostituito poi dalle patetiche fiabe palestinesi del Vangelo. Ma che ci deve importare di un eresiarca ebreo, dalla storicità alquanto dubbia, nato in una stalla di Betlemme? Che c’entra con l’Europa e l’Italia? C’entra solo se si tratta di fare cassa col classico consumismo “natalizio” fatto di luminarie, spese pazze, cenoni, cioè coi veri “valori” dell’Occidente: quelli bancari. Questa è la verità. Anche nelle più piccole cose si vede il diuturno scontro tra l’Europa dei Padri e quella caricaturale degli affaristi derubricata a propaggine dell’Occidente capitalista.
Cerchiamo di capirci comunque, signori: qui non si tratta di levare simboli cristiani dalle scuole per non urtare la sensibilità di menagrami ateisti/laicisti o di gente che in Italia non dovrebbe starci perché fuggita dai problemi creati dall’imperialismo americano o dal colonialismo nordeuropeo, bensì di levare simboli che sono estranei alle radici prime del Continente e dell’Italia, che nulla hanno a che vedere con la genuina spiritualità autoctona e con gli usi e costumi nati dai culti tradizionali del paganesimo indoeuropeo.






Andiamo, siamo nel 2015 era volgare e dobbiamo ancora sorbirci i tenebrosi balocchi del cattolicesimo? Pure in edifici pubblici? E non venitemi a dire che il presepio è ammantato di luminosi e solari rimandi indoeuropei perché se io volessi preservare il retaggio spirituale ariano lo farei recuperando la religiosità antica e non preservando l’eresia del giudaismo che ha vampirizzato i culti d’Europa per penetrare al meglio nelle coscienze dei nativi e pervertirle, facendo scempio delle tradizioni precedenti o piegandole a proprio uso e consumo.

Il leghista è un neo-crociato che difende quel che gli prescrive l’eroina Fallaci, cioè i “valori” dell’Occidente capeggiato dall’America e dalla Chiesa, dimenticandosi come  l’una e l’altra siano sovrastrutture di finti ideali estranei al nostro Continente, e che anzi ne hanno in diverse tappe decretato l’agonia. Son finiti i tempi della Lega Nord anti-mondialista, quella del periodo 1996-2000, che al netto delle carnevalate di Pontida denunciava pesantemente mondialismo, Vaticano, stato italiano, Unione Europa, America e sue basi militari sul nostro territorio e su quello europeo, della Lega filo-serba che stringeva la mano a Milosevic e attaccava pesantemente il governicchio dalemiano targato NATO. Oggi abbiamo un partitello neocon che fa l’occhiolino a Putin per difendere dalle sanzioni anti-russe l’economia “padana” ma che al contempo se la prende con Assad, Hezbollah, l’islam sciita rimanendo del tutto miope circa quel disegno multipolare anti-mondialista carezzato dallo stesso presidente russo.

Difendiamo le vere radici d’Italia e d’Europa, e poi sarei il primo a caldeggiare l’esposizione nei luoghi pubblici, a partire dalle scuole, di emblemi cari alla Tradizione indoeuropea: ruote solari, animali totemici, insegne etnonazionali e così via. Ma per carità, basta piazzate sulle “radici giudeo-cristiane” e sulla difesa dei “veri valori della nostra cultura” cioè di quella roba occidentale che va alla grande oltreoceano e che nulla ha a che vedere con la grandezza dei nostri arii Padri.

E soprattutto, parlando di scuola, impegniamoci per risolvere i veri problemi, che sono quelli relativi agli edifici, alla didattica, alla formazione e alla preservazione dell’etnia italica sempre più sommersa e sostituita da figli di gente che con l’Italia non ha mai avuto nulla a che fare, e che anzi si trova qui non per chissà quale filantropia ma per arricchire i nemici della Patria.

Che la scuola italiana sia pubblica e sociale, perciò aperta ai valori patriottici che devono forgiare con la religione civica del Paese gli uomini di domani.


Ave Italia!






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